Mio Dio quante migliaia di ciclisti ho visto anche oggi.
Appuntamento ore 6.45 con Patty e Doriano davanti al Ristorante Pizzeria Bar Cafè Disco Dinner Pub (e chi più ne ha più ne metta) Tino a Massalombarda.
Non sapevamo che si dovesse andare a far timbrare subito il cartellino in piazza e già questa la dice lunga su quanta esperienza abbia in merito.
Decidiamo quindi di farci dirigere dalla fiumana di ciclisti al "posto timbro", mentre ci mettiamo in contatto con l’altra metà della gang (gli altri 2) per informarli sul cambio di ritrovo. Apportata la convalida sul cartellino che avremmo dovuto poi riesibire e timbrare ad ogni
successivo posto di controllo, ci saremmo preparati alla partenza.
La piazza era come una di quelle piscine piene di palline colorate all’ingresso dell’Ikea dove si parcheggiano i bambini mentre si va a fare acquisti e dove essi si tuffano gioiosamente per un pomeriggio intero.
Piazza Nonsocosa era infatti gremita di ciclisti dalle maglie multicolore, ipersponsorizzate, con i nomi più disparati relativi a società provenienti da diverse province dell’Emilia Romagna.
Ma chi è quel coglione (e nessuno me ne voglia per la “parolaccia” espressa comunque senza cattiveria) che si riduce ad alzarsi alle 3 e mezza / 4 di mattina per raggiungere in auto con bici al seguito il punto di partenza, farsi 105 chilometri di pedalata se non ha scelto il percorso lungo in cui sono molti di più, tornare all’auto e rifarsi altri 100/150 chilometri per tornare a casa? Neanche se venisse il Sig. Di Luca (vincitore del Giro D’Italia) in persona con un assegno già intestato a me e non trasferibile accetterei di uccidermi in questo modo ma.......ormai ho capito che non c’è limite alla follia quando si tratta del proprio sport preferito e non escludo che la prossima volta tra i “coglioni” ci possa essere anch’io.
Nonostante partissimo a scaglioni (e qui la rima verrebbe troppo facile) il serpentone di bici era veramente lunghissimo. Io spavaldamente e ancora con tutte le mie belle energie a disposizione, elargivo battute stimolata dalla mia collega di pedale, battibeccavo con chi mi passava troppo vicino e controbattevo con chi faceva le solite battutine sprecate sulla nostra Società nella quale effettivamente c’è un bel numero di “quote rosa” che modestamente non perdono occasione per farsi valere. Ce l'avessero le altre Società così tanta presenza femminile!
Ad un certo punto, dal primo ciclista di un gruppo numeroso proveniente da dietro, sento un “HHHHOOOPPPP” (monosillabo che tradotto significherebbe più o meno: “Stai attento a come ti muovi che se ti passiamo sopra tutti quanti te ne accorgi........e se ti salvi, la prossima volta rimani incollata sulla linea laterale della carreggiata, te lo dico io). Diciamo che è molto più semplice cavarsela con un suono gutturale che noi ciclisti riusciamo a tradurre con grandissima facilità.
Fra il gruppo riconosco Gianluca, uno dei soci che non perde occasione, ogni volta che mi vede, per farmi battutine ironiche sulle mie incontrastabili prestazioni derivate dall’acquisto del mio nuovo mezzo. Guarda caso, chi mi ha venduto questo mezzo dalle indiscutibili caratteristiche è proprio lui.
In verità le mie reali capacità sono ancora molto modeste perciò a modeste prestazioni ci si pone obiettivi altrettanto modesti tant’è che era già sottinteso che avrei fatto il percorso più breve.
Soprattutto conoscendo i tragitti, come avrei mai potuto immaginare di poter affrontare: Serra, Monte Coralli, Carla (una “salita salata” da 1 kilometro e mezzo) e chiudere con il Monticino di Brisighella altri 7 o 8 tornanti terrificanti e mozzafiato? Ma chi sono io..........Babbo Pedale? Eh?
E invece lo so che quando la mia amica Patty inizia a far pressing sui miei sensi di colpa e a provocare la mia sensibilità in fatto di amicizia, nonostante lo faccia scherzando, la spunta sempre. E infatti, fatta la Serra e Monte Coralli all’incrocio fatidico in cui avrei dovuto girare a sinistra, già la mia bici ha automaticamente girato a destra senza neppure interpellarmi decretando la scelta del percorso medio!
Ma non sapevo ancora a cosa sarei andata incontro.
Carla: fino ad ora, per me, era solo un nome proprio di persona che, tra l’altro, non consideravo nemmeno male.
Ma ora, quel nome, lo odio per ciò che da oggi rappresenta. Su quella salita ho lasciato alcuni mesi di vita, qualche soffiata di naso, una manciata di bestemmie, il senso di disperazione per quella discesa che non arrivava mai! Inoltre: la grande voglia di buttare via quella cavolo di bicicletta e di mandare a quel paese Gianluca che, poveraccio, era solo colpevole di avermi venduto una bici che a mente lucida..mi piace davvero, è stata l’ultima fase di un delirio derivato da una stanchezza a cui non avrei mai pensato di arrivare.
Il solo pensiero di dover fare anche il Monticino sopra Brisighella mi stava facendo pensare di vivere un altro grande incubo.
E nonostante sia spaparanzata sul divano tranquillamente a scrivere ciò che ho provato stamattina, mi si richiede la necessità psico/fisica di velocizzare la descrizione di questa parte del racconto perché sento di riprovare la stessa fatica che ho affrontato nell’ultima salita.
Imboccato il primo tratto dello sforzo brisighellese, al solo ricominciare l’iperventilazione derivata dalla mia, diciamolo pure, ormai poca resistenza a tutto, la mia reazione mi portava a lanciare urli verso il cielo al solo scopo di sfogare la rabbia che, tornante dopo tornante, mi veniva in aiuto per affrontare l'ultimo tratto di salita e di certo non ho perso l'occasione per ricordare un anonimo che disse:
In rebus dubis plurimum est audacia: Nelle situazioni incerte vale moltissimo l'audacia.
E in quel momento ho dato fondo a tutto il barattolo di audacia di cui ero in possesso.
Diversi ciclisti erano seduti a terra sotto qualche albero, nell’attesa di ritrovare le energie che le precedenti salite e il caldo opprimente avevano rubato loro, ma ciò che invece a me non faceva demordere era il dolce pensiero che quello che stavo affrontando sarebbe stato l’ultimo vero sforzo di una mattinata troppo tosta e per la quale, sinceramente, col senno di poi non ero ancora allenata.
Finita la salita e rifocillata all’ultimo ristoro dove, tra parentesi, non c’era più neppure un goccio d’acqua a disposizione perché l'avevano utilizzato per allungare l'ultima razione di tè da farla sembrare acqua sporca, arriviamo alla vera fine della leggera salita rimasta.
E finalmente mi sono lasciata cullare dalla discesa, felice come una Pasqua.......
Ahhhh finita la fatica.
E' proprio vero.........questa sensazione ti ripaga moltissimo degli sforzi e della fatica affrontata.
Insieme a: Giovanna, Emma e Armando, altri amici del Pedale Bianco Nero ritrovati all’ultimo ristoro, decidiamo di tornare a casa.
Una trentina di chilometri che, nonostante la concentrazione a cui mi ero sottoposta e il “socciarodismo” di cui sono diventata una veterana, già immaginavo fossero impegnativi.
Infatti sono stati difficili, duri, laboriosi, faticosi, scomodi.....sì, soprattutto tanto tanto scomodi.
La mia sella, come per incanto aveva estratto centinaia di aculei come se mi fossi seduta su di un porcospino. Non riuscivo più a stare a sedere, il piede sinistro aveva perso completamente sensibilità sotto la pianta, il gomito sinistro partito e il collo pure.
Ma ormai era diventata una questione di principio il far vedere che le donne del Pedale hanno una marcia in più.
Una marcia?
Magari avessi avuto una marcia......
Quando avevo le marce a disposizione, ricordo che facevo decisamente molto meno fatica a fare i 105 chilometri percorsi stamattina.
E’ ovvio che se sto raccontando l’aspetto emotivo del secondo Raduno della mia vita, comodamente seduta sul mio meraviglioso divano, la storia abbia avuto il giusto e meritato epilogo, la meta più ambita in quel momento: LA DOCCIA.
Sopraggiunti al punto di partenza ovvero al Ristorante Pizzeria Bar Cafè Disco Dinner Pub che nel frattempo si era trasformato all'occorrenza anche in rosticceria, spaghetteria e non so cos’altro Tino di Massalombarda (quell’uomo ha una vena imprenditoriale da paura), siamo stati premiati con un sacchetto di “non so cosa” ciascuno.
“Wow”, penso “almeno non abbiamo pedalato 4 ore per niente”.
Apro la busta: una bottiglia e un piccolo tetra pak di succo di frutta.
Gulp!
La prossima volta vado all’ipercoop, me li compero e..............vuoi vedere che faccio meno fatica?
A parte gli scherzi, se non consideriamo i crampi, i dolori dappertutto e la stanchezza a 1000 che hanno fatto sì che non riuscissi neppure a mangiare......mi sento molto soddisfatta e non posso esimermi dal finire con un.......
”BICI: GRANDE DOLORE, GRANDE AMORE”!