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10 ago 2010

FINI SOTTO ATTACCO - IL TAM TAM DI B: "ORA VADA VIA"


Bocchino: basta con la campagna mediatica del “Giornale
di Sara Nicoli

Come se mancassero i ripetitori della voce del governo. A Berlusconi, però, non bastano mai. E così, ieri, ha lanciato un appello ai suoi Club delle Libertà per una “mobilitazione permanente, per diventare megafono dell’azione del governo sul territorio” e contrastare, in questo modo, “I DISFATTISMI E I PERSONALISMI DI CHI ANTEPONE I PROPRIO PARTICOLARI INTERESSI AL BENE DI TUTTI, AL BENE DEL PAESE”. Si salvi chi può: il premier è già in campagna elettorale e non lascerà nulla di intentato per restare dov’è adesso, con un occhio sempre vispo verso il Quirinale. Ce l’ha con Fini, il Cavaliere, e questo scontro con la terza carica dello Stato è di fatto appena cominciato. Berlusconi non lo dice mai direttamente, ma lo fa dire, appunto, ai suoi megafoni (come Daniele Capezzone) che sarebbe giusto che “Fini si dimettesse” per via di quel pasticcio della casa a Montecarlo che, dal punto di vista del Cavaliere, lo hanno messo nella stessa condizione di Scajola. I fedelissimi del presidente della Camera chiedono al premier di smentire la richiesta di “licenziamento”, la guerra continua. Con nuovi capitoli in vista. Il Capo pensa a come far fuori cofondatore, anche aggiungendo al prossimo documento programmatico (su cui chiederà la fiducia a settembre) un elemento che possa mettere all’angolo i finiani (sarà senz’altro un tema etico). E ha chiamato le truppe a raccolta. Come ai bei tempi di Forza Italia, nel ’94, quando Angelo Codignoni e Fedele Confalonieri gli regalarono un’Italia piena di piccole aggregazioni nate nel suo nome. Lo schema è lo stesso di allora. “Abbiamo agito bene, ma bisogna comunicarlo – ha scritto ieri Silvio sul sito dei Club – è necessario far conoscere questi provvedimenti a tutti gli italiani. Dovremmo riuscire a collocare in ogni piazza degli 8100 comuni della nostra Italia un nostro banchetto, un nostro gazebo e nostri sostenitori che spieghino quanto il governo è riuscito a realizzare. Sarà il più grande porta a porta mai realizzato in Italia”.
Ombre quotidiane
Ma la vera partita non si giocherà sui pianerottoli. Sarà, invece, soprattutto la Camera il palcoscenico dello scontro. “Il fatto che Berlusconi giochi d’anticipo sulla campagna elettorale – sostiene il finiano Italo Bocchino – a noi va benissimo, ma basta con la campagna mediatica contro Fini del Giornale”. Su cui Carmelo Briguglio, altro finiano, ha avanzato anche dubbi pesanti (“servizi deviati contro Fini?”) argomentando che una delle firme del quotidiano di Feltri (Massimo Malpica Orabona) è omonimo di “un notissimo direttore dei servizi segreti al tempo coinvolto nell’affaire dei fondi neri Sisde e poi condannato da un tribunale della Repubblica? E’ una coincidenza, un’omonimia o una parentela?”. “La cosa – commenta Massimo Malpica (nipote appunto di Riccardo Malpica), che con Gian Marco Chiocci ha firmato l’inchiesta su Montecarlo – mi fa sorridere”. Anche su quel fronte, tuttavia, il logoramento non potrà andare avanti a lungo. A quanto apprende il Fatto, Berlusconi vorrebbe riottenere la fiducia sul nuovo documento programmatico (composto di quattro punti fissi “non sindacabili” per dirla con Frattini) ma poi andare a caccia dello scontro frontale con Fini ed ottenere lo scioglimento delle Camere entro gennaio, in modo da votare a marzo.
La strategia per gennaio
Berlusconi vuole arrivare a quel momento con le sue truppe corazzate a pieno regime e lo schieramento totale di tutte le tv. L’ipotesi di urne anticipate, però, fa nicchiare Roberto Maroni, che tuttavia non le considera neppure un gran problema. “Non sono contento di andare alle elezioni – ha detto il ministro dell’Interno intervistato dal settimanale A, - ma se i finiani dovessero ancora votare come l’Udc allora significherebbe che sono passati dall’altra parte. Non ci sarebbe altra scelta”. I sondaggi, però non disegnano una situazione tranquilla. Il “terzo polo” di Fini, Casini e Rutelli è dato tra il 10 e il 20%. E anche se Maroni sostiene di fidarsi di più “del naso di Bossi”, i sondaggisti sono concordi: si dovesse andare al voto domani, vincerebbe di nuovo il Cavaliere. Addirittura, Nicola Piepoli vede il fronte del centrodestra attestarsi sul 50% del voti, e ricorda che in Italia “le elezioni non si vincono con il 51% ma, abbondantemente, con il 46-47%”. Con lo strappo dei finiani e la creazione di Fli, Piepoli vede un vantaggio per il centrodestra nel suo complesso, quantificato in un +2%: “Voti in uscita dalla sinistra che vanno a Fini, voti persi dal Pd, dall’Idv, e dall’estrema sinistra”. La solita storia, dunque: tutto cambi, perché niente cambi.

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