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13 lug 2010

COSENTINO E DELL’UTRI LA P3 A GONFIE VELE




Indagati: ma solo il sottosegretario è in bilico

di Rita Di Giovacchino e Sara Nicoli

Anche Nicola Cosentino e Marcello dell’Utri sono indagati associazione per delinquere e violazione della legge Anselmi nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Roma, partita da un’indagine sulle pale eoliche e approdata alla scoperta della nuova P2 (o P3 come qualcuno l’ha già ribattezzata). La conferma è arrivata ieri dal Procuratore delle Dda romana Giancarlo Capaldo. Anche se non sorprende perché dalle carte dell’ordinanza già emergeva il loro ruolo egemone nel tentativo di pilotare affari, nomine politiche ma anche importantissime decisioni di organi costituzionali. Ma sono soprattutto le biografie, non solo politiche, di Cosentino e Dell’Utri a mettere in grave imbarazzo il premier. Che dopo quello di Verdini si ritrova due nuovi suoi fedelissimi impigliati nella rete.
Dunque non appare affatto una bocciofila per arzilli vecchietti quella messa in piedi dall’ex piduista Flavio Carboni, ma un’organizzazione potente che gode di coperture politiche a livello di governo. L’appartenenza alla medesima loggia di Carboni per Cosentino sarebbe dimostrata dal patto politico che doveva portare quest’ultimo alla presidenza della Campania, dalla sua consapevolezza e partecipazione al “complotto” contro il nuovo candidato Caldoro, come emerge da telefonate e sms intercorsi tra lui e il magistrato Pasquale Lombardi in quel periodo. Per Dell’Utri dall’antica amicizia con il faccendiere sardo e dalla sua partecipazione agli incontri in casa di Verdini, la cui posizione è oggi ancora più grave. Secondo i magistrati romani, Carboni, Arcangelo Martino e Pasquale Lombardi utilizzavano l’associazione culturale “Centro studi giuridici per l’integrazione europea Diritti e Libertà” come strumento “per acquisire e rafforzare utili conoscenze nell’ambiente della politica e della magistratura”. Tra le iniziative, poi annullate in seguito al fallito intervento sul presidente della Corte d’Appello Alfonso Marra di fare accogliere il ricorso elettorale della lista Roberto Formigoni, c’è “l’invito al convegno milanese programmato per il marzo 2010” (e poi annullato) cui avrebbero dovuto partecipare i magistrati di Firenze che indagavano anche su Verdini.
E così, mentre la Procura di Roma mette nuovamente nel mirino il Palazzo, si ha come l’impressione che ormai il governo e la maggioranza abbiano già fatto il conto su chi salvare e chi buttare giù dalla torre. E’ il silenzio la chiave di lettura di come l’entourage berlusconiano sta vivendo queste ore. Così Cosentino, che si avvia a vivere la sua terza mozione di sfiducia (Di Pietro la presenterà oggi, il Pd apre e anche Casini ha detto Sì) è rimasto avvolto in un’aura di torpore, neppure considerato degno di un’agenzia di sostegno da parte di Capezzone. Voci che si rincorrono, parlano di un Berlusconi “amareggiato” per la questione Cosentino. Diversa, invece, la sorte di Verdini: “Tu resti dove stai, non pensare a dimetterti”. Non che Verdini ci avesse pensato sul serio (come aveva fatto quando chiese di diventare ministro dello Sviluppo per avere lo scudo del legittimo impedimento), ma ora ragioni di opportunità potevano convincerlo al passo indietro. Berlusconi, però, è stato netto: nessuna retromarcia. Soprattutto davanti a Fini. Non si “può far vedere che facciamo come dice lui”, avrebbe risposto il Cavaliere a chi gli ha ricordato dell’ultimo scontro tra il presidente della Camera e Bondi: botte da orbi con un passaggio – che guarda caso – aveva avuto come pretesto proprio Cosentino, di cui Fini aveva chiesto (e ottenuto) la testa nei giorni della campagna elettorale regionale. E che pochi giorni fa, proprio con Bondi, aveva nuovamente impallinato: “Ma è mai possibile – aveva incalzato Fini – che Cosentino sia ancora sottosegretario?”. Già. Per Verdini, però la partita appare diversa dall’ormai solo sottosegretario all’Economia che ieri ha tentato la difesa d’ufficio: “Sono stanco di queste accuse surreali e dell’uso politico della giustizia”. Cosentino lasciato solo, dunque, forse addirittura mollato dal Cavaliere che potrebbe non blindare i suoi al momento della sfiducia, anche se l’idea sembra quella di proseguire con il “modello Brancher”, ovvero fare in modo che Cosentino si dimetta prima.
Il problema è rappresentato dal “solito Fini”. Che vuole “tutto il marcio, la P3” fuori dal Governo e Pdl “prima di subito”. A scatenare il tutto ci aveva pensato in mattinata Italo Bocchino. Che con il candore tipico di chi ne sa di più, aveva invitato Verdini alle dimissioni, per via di verbali in arrivo che toglierebbero ogni dubbio sul suo coinvolgimento nella vicenda giudiziaria. Bondi e Cicchitto hanno difeso a spada tratta Verdini e anche se subito dopo Bocchino ha chiarito di essersi riferito “agli atti dell’ordinanza di custodia cautelare verso Carboni e soci”, l’ennesimo scontro tra finiani e berluscones stavolta ha lasciato davvero il segno.
Nelle foto da sx: Nicola Cosentino e Marcello Dell'Utri

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